RICERCA, VALORI DEL PAZIENTE ED ESPERIENZA: VERSO UNA PRATICA PROFESSIONALE “BASATA SULL’EVIDENZA”

Giorgio Bedogni
1, Anna Laura Fantuzzi 2, Athos Borghi 3

1 Centro Studi Fegato, AREA Science Park, Basovizza, Trieste.
2 Modulo di Scienza dell’Alimentazione e Dietetica, Azienda USL, Modena.
3 Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale Policlinico, Modena.

L’esercizio di una pratica professionale “basata sull’evidenza” si fonda sulla capacità di applicare l’evidenza fornita dalla ricerca alla situazione clinica e ai valori del paziente che si ha in cura (1-4).

La maggioranza degli operatori sanitari accede all’evidenza disponibile attraverso la consultazione di fonti secondarie come le linee guida (5). Anche se la consultazione di queste fonti è più facile e rapida di quella degli studi originali (fonti primarie), essa richiede nondimeno l’esercizio di un forte senso critico, perché non tutte le linee guida sono realmente fondate sull’evidenza e alcune sono soggette a conflitto d’interessi (5). Una linea guida che vede la partecipazione dei pazienti e il coinvolgi-mento di tutte le tipologie di operatori sanitari è quella che ha la maggior probabilità di “rispettare” l’evidenza (5). Poiché l’evidenza è in continua evoluzione, non ci si dovrebbe stupire del fatto che, nel giro di pochi anni, anche la miglior linea guida debba essere rivista o sostituita (1, 5).

Il programma “Medical Nutrition Therapy” (MNT) dell’American Dietetic Association (ADA) rappresenta un ottimo esempio di rassegna dell’evidenza finalizzata all’applicazione nella pratica professionale del dietista (2, 3, 6). Il programma MNT comprende sei fasi: 1) rassegna dell’evidenza, 2) scrittura delle raccomandazioni, 3) validazione delle raccomandazioni, 4) rifinitura delle raccomandazioni, 5) disseminazione ed implementazione delle raccomandazioni e, 6) aggiornamento delle raccomandazioni.

La fase 1 comprende la formulazione dell’interrogativo d’interesse e la rassegna della letteratura. Le conclusioni della rassegna vengono classificate in: I) supportate da buona evidenza, II) supportate da evidenza discreta, III) supportate da evidenza limitata e, IV) supportate soltanto da opinione. Nella fase 2, in base all’evidenza raccolta nella fase 1, vengono stilate le raccomandazioni da parte di un gruppo di esperti. Nella fase 3, l’applicabilità delle raccomandazioni viene valutata direttamente sul campo. Come osserva l’ADA, “Una pratica basata sull’evidenza in tutte le aree della dietetica è un ideale. I dietisti la rendono reale sviluppando ed usando linee guida, protocolli ed altre guide che implementano lo stato dell’arte della scienza e dell’assistenza ai pazienti” (6). Se la fase 3 ha riscontrato problemi applicativi, le linee guida sono modificate in base all’evidenza fornita dalla pratica (fase 4). Nella fase 5, le raccomandazioni vengono disseminate per l’uso e la fase 6 consiste in un processo continuo di revisione delle raccomandazioni.

Poiché l’elaborazione di una linea guida richiede peculiari competenze tecniche, non tutti possono partecipare alla sua formulazione. Ciononostante, tutti sono chiamati – almeno idealmente – a giudicare della sua applicabilità nella realtà particolare in cui operano. Naturalmente, questo dovrà essere fatto condividendo criteri e dati oggettivi. Spesso non si tiene in considerazione adeguata il fatto che la dimostrazione dell’applicabilità locale di una linea guida rappresenta un progresso ancora maggiore della sua elaborazione sulla base dell’evidenza disponibile (5).

L’applicazione dell’evidenza al paziente deve considerare l’unicità di quest’ultimo non solo da un punto di vista patobiologico, ma anche e soprattutto bio-psico-pedagogico (1, 2, 4). Non è certo un caso che la definizione di Medicina basata sull’Evidenza fornita da Sackett e coll. (1) – dalla quale è ricalcata la definizione di ogni professione sanitaria “basata sull’evidenza” – riconosca la centralità dei “valori del paziente”. In tale definizione (1), i valori del paziente sono “le preferenze uniche, le preoccupazioni e le aspettative che ogni paziente porta all’incontro clinico e che devono essere integrate nelle decisioni cliniche se queste devono davvero servire il paziente”. Nel caso specifico della Dietetica, può servire da esempio quanto riporta la linea guida dell’American Diabetes Association sul trattamento nutrizionale del diabete mellito (7): “La prescrizione nutrizionale è determinata considerando gli obiettivi del trattamento e le modificazioni dello stile di vita che il paziente vuole ed è in grado di attuare, piuttosto che sulla predeterminazione di livelli e percentuali di carboidrati, proteine e grassi”.

Anche se la considerazione dei valori del paziente è la chiave di volta di ogni pratica professionale basata sull’evidenza, proprio l’evidenza disponibile dimostra che essa non è semplice da attuare. Tra i medici, gli operatori sanitari più studiati, la ristrettezza di tempo, la mancanza di formazione specifica e l’incapacità di abbandonare un modello “paternalistico” della Medicina sono stati identificati come fattori in grado di erodere all’origine l’esercizio della Medicina basata sull’evidenza (8). A sostegno dell’importanza della centralità del paziente (oltre all’imperativo etico che caratterizza la nostra professione), vi è l’evidenza preliminare che un approccio centrato sul paziente migliora la sua soddisfazione, riduce il carico sintomatologico e il numero di visite presso il medico (9). “Io trovo che l’aiuto dei dottori sia poco informativo, probabilmente perché tendono a parlare in termini generali. Loro parlano di gruppi di persone anziché di individui…” (10): un commento di questo tipo da parte del paziente è la prova che, nonostante le migliori intenzioni, non siamo riusciti ad utilizzare l’evidenza per il caso specifico del nostro paziente.

La capacità di applicare l’evidenza alla situazione unica e irripetibile del nostro paziente è la chiave di volta per l’esercizio di una pratica professionale basata sull’evidenza (4). Come qualsiasi competenza, essa richiede una formazione specifica e continua. La grande sfida della pratica professionale basata sull’evidenza non dipende dal suo aspetto tecnico – che pure crea difficoltà (11) e richiede una revisione del curriculum tradizionale di studi (12) – ma dalla disponibilità e capacità degli operatori sanitari di mettere quest’evidenza al servizio del paziente (8, 10).

Bibliografia

1. Sackett DL, Strauss SE, Richardson WS, Rosenberg W, Haynes RB. Evidence-based Medicine. Edinburgh: Churchill-Livingstone, 2000.

2. Gray EG, Gray LK. Evidence-based medicine: applications in dietetic practice. J Am Diet Assoc 2002; 102:1263-1272.

3. Smith R. Expanding medical nutrition therapy: An argument for evidence-based practices. J Am Diet Ass 2003; 103:313-314.

4. Haynes RB, Devereaux PJ, Guyatt GH. Clinical expertise in the era of evidence-based medicine and patient choice. ACP J Club 2002; 136:A11-4.

5. Users’guides to the medical literature. In: Drummond R, ed. Chicago: American Medical Association, 2002.

6.
http://www.eatright.com

7. Franz MJ, Bantle JP, Beebe CA, et al. Evidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and related complications. Diabetes Care 2002; 25:148-98.

8. Say RE, Thomson R. The importance of patient preferences in treatment decisions--challenges for doctors. Br Med J 2003; 327:542-5.

9. Little P, Everitt H, Williamson I, et al. Observational study of effect of patient centredness and positive approach on outcomes of general practice consultations. Br Med J 2001; 323:908-11.

10. Lockwood S. “Evidence of me” in evidence based medicine? Br Med J 2004; 329:1033-5.

11. Ben-Shlomo Y. Evidence based medicine: does it make a difference? Numerophobia may be a problem in adopting evidence based medicine. Br Med J 2005; 330:93; discussion 94.

12. Del Mar C, Glasziou P, Mayer D. Teaching evidence based medicine. Br Med J 2004; 329:989-90.